Il filosofo di campagna, Bergamo, Traina, 1756

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor? Tremo, pavento.
 Parlar mi sento al core,
 giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
1175Datevi pace; alfine
 siete con chi v’adora;
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
 Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
1180celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
 No, non fia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
1185salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò per compiacervi, o cara;
 elegete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura.
1190L’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
 Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite.
 Pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
1195Altri vi son?
 LA LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io
 ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LA LENA
 Sono fanciulla ancora
1200ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 (Sia malizia o innocenza, ella è assai franca).
 EUGENIA
 D’una grazia pregarvi
 vorrei, se nol sdegnate.
 LA LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
1205Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LA LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LA LENA
1210Davvero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto.
 Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
1215Correr una bugia lasciar non voglio.
 LA LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualch’imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LA LENA
 Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella?
 EUGENIA
1220Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LA LENA
 (Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto
1225che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LA LENA
1230Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato;
 l’innocente desio seconda il fatto.
 
    Che più bramar poss’io?
 Che più dal cielo aspetto?
1235Andrò col mio diletto
 la pace ad incontrar.
 
    Del genitore alfine
 si placherà lo sdegno.
 Amor prenda l’impegno
1240quest’alme a consolar. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato.
 In braccio al mio contento
 per voi andrò... (In atto di partire)
 LA LENA
                                Fermatevi un momento.
 Se grato esser volete,
1245qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LA LENA
 Son contadina, è vero,
 ma ho massime civili e buona dote;
1250son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
 Da voi, che siete un cavalier compito,
 secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LA LENA
                                  Ma fate presto;
1255se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
    Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più;
1260passar la gioventù
 io non vorrei così,
 ci penso notte e dì.
 
    Vorrei un giovinetto,
 civile e graziosetto,
1265che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì.
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
 che fu già mio rival, ci porta il fatto.
 Ma Nardo ho ritrovato
1270meco condiscendente e non pavento;
 ed ho cuor d’incontrare ogni cimento.
 
    Guerrier, che valoroso
 nell’assalir si veda,
 quand’ha in poter la preda
1275perderla non saprà.
 
    Pianti, fatiche e stenti
 mi costa l’idol mio.
 Barbaro fatto e rio
 tormela non potrà. (Entra nella casa sudetta)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e LA LENA
 
 DON TRITEMIO
1280Figlia, figlia sgraziata,
 dove sei? Non ti trovo; ah se Rinaldo
 mi capita alle mani
 lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
 Invan l’ho ricercato al proprio albergo;
1285sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
 o se via l’ha menata per la posta.
 Son fuor di me; son pieno
 di rabbia e di veleno.
 Se li trovassi, li farei pentire.
1290Li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LA LENA
 Signor, che cosa avete
 che sulle furie siete?
 Fin là dentro ho sentito
 che siete malamente inviperito.
 DON TRITEMIO
1295Ah! Son assassinato.
 M’han la figlia involato;
 non la trovo, non so dov’ella sia.
 LA LENA
 E non vi è altro?
 DON TRITEMIO
                                 Una minchioneria!
 LA LENA
 Eugenia, vostra figlia,
1300è in sicuro, signor, ve lo prometo,
 è collo sposo suo nel nostro tetto.
 DON TRITEMIO
 Là dentro?
 LA LENA
                       Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Collo sposo.
 LA LENA
                         Con lui.
 DON TRITEMIO
                                          Ma Nardo dunque...
 LA LENA
 Nardo, mio zio, l’ha caro.
1305Per ordin suo vo a prender il notaro. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO, poi NARDO
 
 DON TRITEMIO
 Oh questa sì ch’è bella,
 Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar? Per qual ragione.
 Sì sì, l’ha fatta da politicone.
1310Eugenia non voleva...
 Rinaldo pretendeva...
 Ei l’ha menata via.
 Anche questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io creppo dalle risa.
1315Oh che caso ridicolo e giocondo!
 Oh che gabbia de pazzi è questo mondo!
 DON TRITEMIO
 (Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         (Ecco il buon padre).
 DON TRITEMIO
 Galantuomo, che fa la figlia mia.
 NARDO
 Bene, al comando di vossignoria.
 DON TRITEMIO
1320Rapirmela mi pare
 una bella insolenza.
 NARDO
 La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 DON TRITEMIO
 E lei, quella sfacciata,
 cosa dice di me?
 NARDO
                                 Non dice niente.
 DON TRITEMIO
1325Non teme il padre?
 NARDO
                                      Non l’ha neanco in mente.
 DON TRITEMIO
 Basta, chi ha fatto il male
 farà la penitenza.
 Dote non ne darò certo, certissimo.
 NARDO
 Sì sì, fate benissimo.
1330Stimo que’ genitori,
 cui profittan dei figli anco gli errori.
 DON TRITEMIO
 Dov’è? La vuo’ veder.
 NARDO
                                          Per ora no.
 DON TRITEMIO
 Eh lasciatemi andar...
 NARDO
                                           Ma non si può.
 DON TRITEMIO
 La volete tener sempre serrata?
 NARDO
1335Sì, finch’è sposata.
 DON TRITEMIO
 Questa è una mala azion che voi mi fate.
 NARDO
 No, caro amico, non vi riscaldate.
 DON TRITEMIO
 Mi riscaldo, perché
 si poteva con me meglio trattarre.
1340Se l’avevo promessa,
 lo sposo aveva le ragioni sue.
 NARDO
 I sposi erano due;
 v’erano dei contrasti, onde per questo
 quel che aveva più amor fatto ha più presto.
 DON TRITEMIO
1345Io l’ho promessa a voi.
 NARDO
 Ma lei voleva il suo Rinaldo amato.
 DON TRITEMIO
 Ma questo...
 NARDO
                          Orsù quello ch’è stato è stato.
 DON TRITEMIO
 È ver; non vuo’ impazzire.
 L’ho trovata alla fine e ciò mi basta.
1350Dopo il fatto si loda.
 Chi l’ha avuta l’ha avuta e se la goda.
 
    Da me non speri
 d’aver un soldo,
 se il manigoldo
1355vedessi lì.
 
    Se se n’è andata,
 se si è sposata,
 da me non venga,
 non verrò qui.
 
1360   Chi ha avuto ha avuto;
 chi ha fatto ha fatto,
 non son sì matto,
 non vuo’ gettare,
 non vuo’ dotare
1365la figlia ardita
 che se n’è gita
 da me così. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO, poi LA LENA e CAPOCCHIO notaro
 
 NARDO
 A Rinaldo per ora
 basterà la consorte;
1370poi dopo la sua morte il padre avaro
 a suo dispetto lascierà il denaro.
 LA LENA
 Venite a stipulare
 delle nozze il contratto. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
 Eccolo qui, l’avevo mezzo fatto.
 NARDO
1375Andate in casa mia,
 l’opera terminate,
 l’ordine seguitate
 dei due sponsali in un contratto espressi
 colle stesse notizie e i nomi stessi.
 CAPOCCHIO
1380Sì signor, si farà.
 Ma poi chi pagherà?
 NARDO
                                        Bella domanda!
 Pagherà chi è servito e chi comanda.
 LA LENA
 Sentite, se si fanno
 scritture in casa mia,
1385voglio la senseria.
 CAPOCCHIO
                                   Come?
 LA LENA
                                                   Dirò,
 se mi mariterò,
 come spero di farlo prestamente,
 la scrittura m’avete a far per niente. (Entra in casa)
 
 SCENA VIII
 
 NARDO e CAPOCCHIO
 
 CAPOCCHIO
 Vostra nipote è avara, come va.
 NARDO
1390Credetemi lo fa senza malizia,
 delle donne un costume è l’avarizia.
 CAPOCCHIO
 Son lente nello spendere,
 egli è vero, ma son leste nel prendere.
 
    Voi che filosofo
1395chiamato siete,
 dirmi saprete
 come si dia
 di simpatia
 forza e virtù.
 
1400   La calamita
 tira l’acciaro.
 Tira l’avaro
 l’oro ancor più. (Entra in casa)
 
 SCENA IX
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Nato son contadino,
1405non ho studiato niente
 ma però colla mente
 talor filosofando a discrezione
 trovo di molte cose la ragione
 e vedo chiaramente
1410che interesse, superbia, invidia e amore
 hanno la fonte lor nel nostro core.
 LESBINA
 Ma capperi si vede,
 affé, che mi volete poco bene.
 Nel giardino v’aspetto e non si viene.
 NARDO
1415Un affar di premura
 m’ha trattenuto un poco.
 Concludiam, se volete, in questo loco.
 LESBINA
 Il notaro dov’è?
 NARDO
                                Là dentro. Ei scrive
 il solito contratto
1420e si faranno i due sponsali a un tratto.
 LESBINA
 Ma se Eugenia fuggì...
 NARDO
                                           Fu ritrovata.
 Là dentro è ricovrata
 e si fa con Rinaldo l’istrumento.
 LESBINA
 Don Tritemio che dice.
 NARDO
                                             Egli è contento.
 LESBINA
1425Dunque, quand’è così, facciamo presto.
 Andiam, caro sposino.
 NARDO
 Aspettate, Lesbina, anche un pochino.
 LESBINA
 (Non vorrei che venisse...)
 NARDO
                                                   A me badate;
 prima che mia voi siate,
1430a voi vuo’ render note
 alcune condizion sopra la dote.
 LESBINA
 Qual dote dar vi possa
 voi l’intendeste già.
 Affetto ed onestà,
1435modesta ritrosia
 ed un poco di buona economia.
 NARDO
 Così mi basta e appunto
 di questo capital, che apprezzo molto,
 intendo ragionar.
 LESBINA
                                   Dunque vi ascolto.
 NARDO
1440In primis che l’affetto
 non sia troppo né poco,
 perché il poco non basta e il troppo annoia;
 e la mediocrità sempr’è una gioia.
 LESBINA
 Com’ho da regolarmi,
1445per star lontana dagli estremi?
 NARDO
                                                          Udite,
 per fuggir ogni lite,
 siate amorosa, se il marito è in vena;
 non lo state a seccar, se ha qualche pena.
 LESBINA
 Così farò.
 NARDO
                     Sul punto
1450della bella onestà
 non v’è mediocrità. Sia bella o brutta,
 la sposa d’un sol uom dev’esser tutta.
 Circa l’economia potrete qui
 regolarvi così:
1455del marito il voler seguire ognora
 e non far la padrona e la dottora.
 LESBINA
 Così farò, son della pace amica;
 obbedirvi sarà minor fatica.
 NARDO
 Or mi sovvien che un altro capitale
1460m’offeriste di lingua.
 LESBINA
                                         È ver.
 NARDO
                                                       Se questo
 mi riuscirà molesto,
 in un più necessario il cambierò.
 LESBINA
 Ho inteso il genio vostro,
 non vi sarà pericolo
1465che vi voglia spiacer neanche in un piccolo.
 NARDO
 Quand’è così, mia cara,
 porgetemi la mano.
 LESBINA
                                       Eccola pronta.
 NARDO
 Del nostro matrimonio
 invochiamo Cupido in testimonio.
 LESBINA
 
1470   Lieti canori augelli
 che tenerelli amate,
 deh testimon voi siate
 del mio sincero amor.
 
 NARDO
 
    Alberi, piante e fiori
1475i vostri ardori ascosi
 insegnino a due sposi
 il naturale amor.
 
 LESBINA
 
    Par che l’augel risponda:
 «Ama lo sposo ognor».
 
 NARDO
 
1480   Dice la terra e l’onda:
 «Ama lo sposo ancor».
 
 LESBINA
 
    La rondinella
 vezzosa e bella
 solo il compagno
1485cercando va.
 
 NARDO
 
    L’olmo e la vite,
 due piante unite
 ai sposi insegnano
 la fedeltà.
 
 LESBINA
 
1490   Io son la rondinella
 ed il rondon tu sei.
 
 NARDO
 
 Tu sei la vite bella,
 io l’olmo esser vorrei.
 
 LESBINA
 
    Rondone fido
1495esci dal nido,
 vieni, t’aspetto.
 
 NARDO
 
 Meco t’allaccia,
 vite amorosa,
 diletta sposa.
 
 A DUE
 
1500   Soave amore,
 felice ardore,
 alma del mondo,
 vita del cor.
 
    No non si trova,
1505no non si prova
 più bella unione
 del nostro amor. (Partono ed entrano in casa)
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Diammine! Che ho sentito?
 Di Lesbina il marito
1510pare che Nardo sia.
 Che la filosofia
 colle ragioni sue
 accordasse ad un uom sposarne due?
 Quel che pensar non so;
1515all’uscio picchierò. Verranno fuori;
 scoprirò i tradimenti e i traditori.
 
 SCENA XI
 
 LA LENA e detto
 
 LA LENA
 Chi è qui?
 DON TRITEMIO
                       Ditemi presto;
 cosa si fa là dentro?
 LA LENA
 Finito è l’instrumento;
1520si fan due matrimoni.
 Tra gli altri testimoni,
 che sono cinque o sei,
 se comanda venir, sarà anco lei.
 DON TRITEMIO
 Questi sposi quai son?
 LA LENA
                                            La vostra figlia
1525col cavalier Rinaldo.
 DON TRITEMIO
 Cospetto! Mi vien caldo.
 LA LENA
 E l’altro, padron mio,
 è la vostra Lesbina con mio zio.
 DON TRITEMIO
 Come? Lesbina? Oimè; no non lo credo.
 LA LENA
1530Eccoli tutti quattro.
 DON TRITEMIO
                                      Ahi! Cosa vedo?
 EUGENIA
 
    Ah, genitor perdono...
 
 RINALDO
 
 Suocero, per pietà...
 
 LESBINA
 
    Sposa, signor, io sono.
 
 NARDO
 
 Quest’è la verità.
 
 DON TRITEMIO
 
1535   Perfidi scellerati,
 vi siete accomodati?
 Senza la figlia mesto,
 senza la sposa resto.
 Che bella carità!
 
 LA LENA
 
1540   Quando di star vi preme
 con una sposa insieme
 ecco, per voi son qua.
 
 DON TRITEMIO
 
    Per far dispetto a lei,
 per disperar colei,
1545Lena mi sposerà.
 
 TUTTI
 
    Sia per diletto,
 sia per dispetto,
 amore al core
 piacer darà.
 
 
 Fine del dramma giocoso